Analfabetismo di ritorno
Come l’Analfabetismo di ritorno sta modificando la capacità di leggere, pensare, scrivere e parlare….
Troppo spesso, e penso che a molti lettori e lettrici, sia capitato di partecipare a conversazioni di varia natura sia in ambiti sociali, quali compagnie di amici, uscite per cene e festeggiamenti vari, ma anche come spesso sento dire… ” in famiglia…”.
Nelle famiglie, e nel sociale più o meno ampio, pare che non si sappia più usare una forma grammaticale corretta, o argomentare su un discorso. Stiamo vivendo (purtroppo) un totale impoverimento del linguaggio…
È stato dimostrato che Il Quoziente Intellettivo medio della popolazione mondiale negli ultimi vent’anni sta diminuendo. E l’impoverimento del linguaggio, ne è la diretta causa e conseguenza.
L’impoverimento del linguaggio.
Diversi studi dimostrano infatti la relazione tra la diminuzione della conoscenza lessicale (e l’impoverimento della lingua) e la capacità di elaborare e formulare un pensiero complesso.
La graduale scomparsa dei tempi (congiuntivo, imperfetto, forme composte del futuro, participio passato etc…) dà luogo a un pensiero quasi sempre al presente, limitato al momento: incapace inoltre sia di proiezioni nel tempo futuro che di revisioni o racconti nel tempo passato.
Nella comunicazione sociale non esistono più le “persone” come esseri umani distinti almeno per sesso e/o per età, siamo tutti “uno” o “una”… Sento comunicazioni dove i ragazzi parlano di “… Ho beccato una che…“… È totalmente sparita quella forma di rispetto, che a priori dovrebbe presupporre il rispetto stesso… Non sarebbe più elegante e rispettoso raccontare ad un amico lo stesso concetto magari espresso solo in questi termini? “… Sai… qualche giorno fa ho conosciuto una ragazza (Ragazza, Donna, Signora o Signorina) che davvero mi ha affascinato… Oltre tutto è anche molto bella, e non credo sia impegnata in una qualche relazione…“
Sono totalmente spariti aggettivi e sostantivi ed anche l’uso di parole che hanno per secoli contraddistinto genere ed età. La citata “una” di cui sopra, non ha nessuna identificazione. E solo “una“.
Una. Una senz’anima ne identità, senza attributi di bellezza o di particolarità, senza tempo ne età…e a malapena se ne distingue l’appartenenza all’universo femminile.
Questo non vuol dire solo rinunciare all’estetica a all’etimologia di una parola, ma la povertà descrittiva associa l’idea che tra una bambina e una donna non ci siano fasi intermedie.
E così i discorsi diventano sterili, decadono le capacità descrittive delle emozioni verso chi ascolta e l’uso ridotto delle parole e dei verbi ridotti ai minimi termini riducono le possibilità empatiche dell’interlocutore.
Meno parole e meno verbi limitano le possibilità di elaborare un pensiero emotivo e coinvolgente verso il proprio interlocutore… A lungo termine chi ascolta per quell’effetto conosciuto come “neuroni a specchio” ne assume in forma comunicativa la sterilità emotiva che a sua volta trasmetterà al suo futuro interlocutore. Insomma un effetto domino orientato allo “smembramento” lessicale, grammaticale e letterale della comunicazione.
Coloro che affermano la necessità di semplificare l’ortografia, sfrondare la lingua dei suoi “difetti”, abolire i generi, i tempi, le sfumature, tutto ciò che può creare un pensiero articolato e complesso, sono i veri artefici dell’impoverimento della mente umana.
Meno parole e più violenza sociale.
Sono innumerevoli gli atti di violenza che ogni giorno vengono citati dalle cronache. Dalle “Baby-Gang” agli omicidi perpetrati per soldi, tradimenti, vendette, onore, pretesa della ragione etc… etc… Violenze di massa e guerre in nome di etnie e religione
L’incontrollabile violenza come deriva dell’incapacità di descrivere le proprie emozioni attraverso le parole. Il sopruso del prossimo come unico obbiettivo di imporre il proprio pensiero.
Siamo al giurassico espressivo, dove più povero è il linguaggio, più il pensiero scompare ad unico vantaggio di atti di violenza.
La storia è ricca di esempi di come tutti i regimi totalitari abbiano ostacolato o imposto il pensiero attraverso una riduzione numerica e etimologica delle parole.
Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c’è pensiero senza parole.
La bellezza salverà il mondo!
La celebre frase “La bellezza salverà il mondo” è attribuita al personaggio del Principe Myshkin nel romanzo “L’Idiota” di Fëdor Dostoevskij.
Dostoevskij, attraverso questa affermazione, non intende fornire una risposta semplice e definitiva, ma piuttosto stimolare una profonda riflessione sulla natura della bellezza e sul suo ruolo nella società.
Quanta bellezza c’è in un racconto, in un romanzo o in un libro…
Facciamo parlare, leggere e scrivere i nostri figli, gli studenti. Incantiamoli con racconti, storie, che ci hanno visti protagonisti o spettatori di fatti accaduti. Troviamo il tempo buono per il dialogo.
Non lasciamoli in balia dell’effimero e dell’idiozia troppo spesso presente sui social che interdicono la capacità di attenzione a quei pochi momenti di un video o di un reel.
Torniamo ad insegnare e a praticare la lingua nelle sue forme più diverse, anche se sembra complicata. Diamo ricchezza lessicale di parole e di significati, con aneddoti e citazioni, per stimolare la curiosità del sapere, anche se può sembrare complicata. Perché in questo sforzo c’è la libertà. Riscopriamo parole di bellezza, perchè nel saper parlare, leggere, capire ed ascoltare si ritrova quel senso di eudemonia, ma con un significato molto più ampio e complesso.
Non c’è libertà senza necessità.
Non c’è bellezza senza il pensiero della bellezza.»[Christophe Clavé]